Colonia: la solita vecchia pallosa battaglia.

Ho contato fino a dieci. Più volte. Mi sono detta di non commentare, ma come fare a tacere? No, quello che è accaduto a Colonia (e non solo) a Capodanno, non può essere lasciato solo alla cronaca perché è un fatto che coinvolge la nostra quotidianità. Non è chiaro?

Fanno impressione le cifre: più di 1000 gli uomini coinvolti, più di 100 le denunce… nessun arresto al momento. La cronaca di troppi giorni, festivi e feriali. E si indaga, bisogna essere cauti, per capire se, come, ma. Una violenza di massa che va compresa, analizzata. Occorre capire se di terrorismo si tratta o di altro, se di atto premeditato od occasione che fa l’uomo ladro… o migliaia di uomini, che differenza fa.

E se Colonia non fosse che un episodio tra troppi? Se quella moltitudine di occhi sprezzanti, commenti feroci, palpeggiamenti che sconfinano nella violenza fossero un racconto troppo vissuto?. Un rito, come scrive La27ora, di “umiliazione organizzato, coordinato, diretto a colpire quello che oramai comunemente viene definito uno «stile di vita»” che viene perpetrato quotidianamente nelle nostre città.

Anche lo scorso 25 novembre mi sono sentita dire per l’ennesima volta “che palle con sta storia della violenza”, perché siamo stanchi di ricordare le vecchie battaglie, meglio inventarne di nuove e allora ecco la battaglia dei confini, della politica, del “chi di dovere”. Eppure quella vecchia pallosa battaglia contro la violenza di genere è sempre lì, trasversale alle mode, alle etnie e ai confini. Una battaglia forse stanca che lotta contro la CULTURA della violenza, che passa attraverso l’umiliazione. Una battaglia che portiamo avanti da tempo immemore contro padri padroni, maschi violenti, soldati vili: mostri grandi per guerre epiche. Ma la guerra è costellata da sordide battaglie senza onore che si fanno piccole e meschine nei gesti quotidiani, nell’attraversare una piazza, nel prendere la metro, camminare per strada, con una mano sul cellulare e nell’altra una chiave per far paura alla paura.  Un esercito di donne che rifiutano un lavoro in un quartiere che non possono permettersi nei tardi pomeriggi invernali e che ogni singolo giorno lottano contro quel palloso “rito di umiliazione organizzato, coordinato, diretto a colpire quello che oramai comunemente viene definito uno «stile di vita»”.